martedì 26 marzo 2013

TuttoFaMedia

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David Bezmozgis, Il Mondo Libero, Guanda

Posted: 26 Mar 2013 04:40 AM PDT

Aneboda

 

[Questo è il primo numero della nuova rubrica di libri di questo blog: ANEBODA. Potrebbero seguirne altri, ma non è detto. Perché Aneboda? Indovina]

 

 

In questo primo numero si parlerà di: Case editrici che istigano all’appropriazione un pochetto indebita, le librerie dei paesini di mare, Il Mondo Libero, la città in cui ho vissuto per dieci anni vista dagli occhi di uno scrittore lettone ma americano, quella famosa estate del 1978, papi morti, papi appena eletti ma subito morti, una breve considerazione su cosa caratterizzi un’opera d’arte. E altre cose.

 

 

Il mondo libero

 

 

 

 

Devo dire che ho sempre avuto una specie di attrazione malata per la casa editrice Guanda. Se il mondo lo potessi decidere io, funzionerebbe così: io che entro in una qualsiasi libreria, arraffo libri Guanda a caso e me ne vado, senza pagare e senza nemmeno scappare. Non sto parlando di un volgare furto, ma appropriazione di cose che farebbero bella figura sulle mensole di casa mia. C’entra Nick Hornby, una ormai ventina d’anni fa? Può darsi. E dire che l’anno scorso poteva andare come se il mondo lo decidessi io, ma ho lasciato perdere. E sì, voglio detto ‘bravo’.

 

Insomma oggi sono stato al mare, ho nuotato un’oretta, ho preso il sole, ho letto, ho ascoltato la musica, ho mangiato il melone. Le solite cose. Ora sono le sei di pomeriggio, indosso solo un costume, una maglietta gialla, sono molto abbronzato e sto entrando in una ‘libreria di un paesino di mare’. Ah, ho le gambe piene di sabbia ma qui nessuno ci fa caso. Mi guardo attorno. Cinquanta sfumature di grigio dappertutto. Anche di gialli. Lo riconosco subito, lo scaffale di Cose Guanda. Non pensavo di trovarlo pure qui. Scorro il dito, alcuni li conosco, altri no. Tipo questo: Il Mondo libero, David Bezmozgis. C’è uno sgabello, mi siedo: “Alec Krasnanskij era in piedi al binario della Westbahnhof di Vienna mentre, intorno a lui, tipici esemplari della comunità ebraica sovietica si affannavano, ringhiavano e sgomitavano per depositare i loro averi sul treno fermo in attesa. Anche la sua famiglia si affannava  lì in mezz-

 

SE NE VA LA LUCE NELLA LIBRERIA

 

Sì, hai capito bene, nella libreria del paesino di mare se ne va la luce. Una persona sana di mente cosa farebbe secondo te? Esatto, arrafferebbe Cose Guanda A Muzzo e scapperebbe senza pagare, tanto l’unica commessa è occupata col generatore di corrente, e tutti sappiamo quanto siano poco reattive le commesse delle librerie dei paesini di mare, specie quando se ne è andata la luce e tutti in coro dicono “Ehi, se ne è andata la luce!”. Beh no, io invece rimango al mio posto, perché il mondo non lo decido mica io, anche se mi piacerebbe davvero tanto. Prendo l’iPhone dalla tasca del costume, clicco sull’applicazione TORCIA e continuo a leggere: “i suoi genitori, sua moglie, i suoi nipoti, sua cognata e in particolare suo fratello, Karl, maneggiavano furiosamente valigie e sacche da viaggio. Alec avrebbe dovuto aiutarli, ma la sua attenzione fu attratta da due turiste carine. Una era mora, mediterranea e formosa, l’altra minuta e bionda: insieme rappresentavano, come secondo un disegno prestabilito, l’intera gamma della bellezza e della perfezione del mond-

 

TORNA LA LUCE,
CHIUDO IL LIBRO,
PAGO IL LIBRO
E LO LEGGO,
SETTE MESI DOPO,
QUANDO NOMINANO PAPA FRANCESCO

 

 

David BezmozgisL’autore del libro

 

 

1978. I Krasnanskij lasciano l’Unione Sovietica e arrivano a Roma, in attesa di decidere dove trasferirsi definitivamente. Ovunque, ma non in Israele. Esiste un posto migliore di Roma in cui attendere il proprio destino?

 

Seguono:
- Ladispoli anziché Ostia per Samuil e Emma: “Ostia era invasa dagli odessiti. A Ladispoli c’era più gente di Mosca, Leningrado, Lettonia, Lituania. Insomma, era più civilizzata”;
- Alec e Polina invece vanno ad abitare a Trastevere, il quartiere che “somigliava nettamente alla vecchia Riga: sontuoso e fatiscente; edifici di tre piani; strade medievali, strette e anguste, propizie alla diffusione di epidemie”;
- il mercato di Porta Portese, che gli emigrati russi chiamano Americana;
- la morte di Paolo VI e la visita alla camera ardente: “Il papa era disteso su un catafalco, sotto la torreggiante cupola della cattedrale, progettata per sminuire l’uomo davanti alla grandezza di Dio”. Tornando a casa, come ricompensa per la visita, Alec porta sua moglie Polina “in un cinema di Ladispoli dove proiettavano film pornografici”;
- l’elezione del nuovo papa, Giovanni Paolo I;
- Viale Regina Margherita, via del Babuino e l’Ostiense;
- italiani che si rivolgono in russo a cani russi;
- l’autista romano dell’autobus che abbandona il mezzo in mezzo alla strada: “quando tornò, dopo due ore, risalì al suo posto come se niente fosse, avviò il motore e riprese il tragitto”;
- l’improvvisa morte del nuovo papa;
- risse, pestaggi, ammazzatine, flashback, matrimoni, divorzi e l’erratica struggenza che solo gli emigrati, di qualsiasi tipo e ovunque essi siano, possono intravedere.

 

***

 

The New Yorker: What, in your opinion, makes a piece of fiction work?
David Bezmozgis: The best way I can articulate it is to say that a piece of fiction—or really any work of art—has to have at its core some kind of irretrievable loss [...]

 

***

 

 

 

 

***

 

 

Credits: la traduzione italiana del libro è a cura di Corrado Piazzetta, che altrimenti e giustamente potrebbe dire Sì, ma perché non mi citi?, l’illustrazione di David Bezmozgis è di Grafilu (qui, assieme ad altri ritratti di altri autori).

 

 

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