martedì 10 dicembre 2013

TuttoFaMedia

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E intanto lui si è preso il partito

Posted: 10 Dec 2013 08:00 AM PST

Ho saputo che in Italia avete ricominciato a Sognare. Lo dico senza alcuna ironia o sottotesto: che bello. Che bello, in un momento di tale sconquasso, certo amplificato dalla distanza, dalla separazione, da quello che molti di noi hanno scelto, o soltanto finto di scegliere, andandosene. Che bello la partecipazione, che bello la passione, che bello il pensare di prendere la tessera di partito, dell’unico vero partito ancora rimasto. Che bello decidere di uscire, e votare, per questo o per quelli, nella speranza. Da qui, non era scontato, ve lo assicuro. Qui arriva solo il peggio, arrivano i forconi, e noi non sappiamo che fare, per voi e per noi.

 

 

 

gregory-crewdson

 

 

 

Non ho votato alle Primarie. Però fino all’ultimo ho gironzolato nell’indecisione e intorno al seggio di rue Solférino, dove peraltro avevo già fatto la fila l’anno scorso per le primarie di coalizione (spettrale confronto con gli altri ricordi del luogo: conti alla rovescia e salti come i pazzi, un maggio francese, l’ennesimo, anzi il primo). Alla fine, mentre un vento tagliente e inedito a queste altezze mi rigava la faccia, ho deciso che no, non avrei votato. Per due motivi. Intanto avevo alle spalle troppe Primarie Plebiscitarie per aggiungerne un’altra, l’ennesima (le Primarie Plebiscitarie non sono una novità, lo dico ai più giovani che magari le altre volte stavano ancora giocando ad acchiapparella nel cortile) (le Primarie Plebiscitarie hanno sempre portato quello che hanno portato: amarezza sempre un po’ più amarezza). E poi il mio sarebbe stato un voto sbagliato. Avrei votato Pippo Civati, che seguo da anni e da anni aspettavo l’occasione per votarlo, senza vera convinzione: dentro di me sentivo che, a questo giro, non era il momento giusto. Soprattutto, avrei votato per fare un dispetto a qualcun altro. Non si vota mica così, mi son detto.

 

 

Dunque. Ricapitolando gli attuali leader politici del Paese: Berlusconi Grillo Alfano Vendola Salvini. E Matteo Renzi. “Matteo Renzi” è antipatico. Frase che sta tra l’opinione e  la Verità Totale. È antipatico di una rara antipatia, quasi non vera, nella sua mancanza di misura, di contegno. Lo sa Matteo Renzi e lo sappiamo tutti noi, pure quelli che lo votano la sanno, questa cosa dell’Antipatia di Matteo Renzi. Qualche mese fa, mentre eravamo in fila per entrare al Roland Garros, una mia amica, renziana sfegatata come credo non ne esistano neanche nella sua famiglia (di Renzi dico), mi disse, più o meno: ma io lo so che lui è un borioso arrogante ambizioso ma a me che mi frega, io lo voto e lo sostengo perché credo sia la persona giusta. Io le risposi: Ah guarda, hanno aperto i cancelli per il doppio Pennetta-Kuznetsova contro quell’altre due.

 

 

Come ho scritto all’indomani del #confronto su Sky, Matteo Renzi fa di tutto per essere giudicato come Antipatico: le facce che fa, il modo in cui dice le cose, l’infantilismo di cui nutre ogni concetto gné gné, le insopportabili metafore calcistiche (“mi avete dato la fascia di capitano e giuro prometto e giuro che lotterò su ogni pallone fino alla morte”, una roba che avrebbe potuto dire solo Julian Ross durante l’attacco di cuore, sotto la pioggia, mentre Holly gli teneva la fronte e Patty sugli spalti piangeva): tutto sembra far parte di una precisa strategia. A ognuno la sua. In questo caso una cosa che si avvicina molto al: mi odiano quindi mi amano. E così finisco ogni giorno sui giornali e nelle discussioni. Io non lo so come Matteo Renzi sia nel privato, magari è davvero una Persona Simpatica, ma mi sono fatto un’idea del perché “Matteo Renzi” in pubblico faccia di tutto per farsi nuocere: sa che è così che funziona e che paga. Qua fuori è una giungla, i buoni non sopravvivono, i cattivi invece, più avanti nella stagione, riveleranno di avere un’anima: il mondo è pieno d’insensati zombie e d’inutili Glenn che si pigliano l’influenza, ma solo quel grandissimo stronzo del Governor ha diritto a una struggente puntata tutta sua.

 

 

 

Tabou

 

 

 

Discorso americanissimo, perfetto. Così Nomfup, celeberrimo “blog di comunicazione e politica” (e sostenitore di Renzi), livetwittava il discorso post-vittoria di Renzi. Certificando una volta di più l’equivalenza America = bello, così strutturata in una parte nemmeno troppo elitaria di opinione pubblica. E in effetti quel discorso era molto, come dire, americano. Non saprei dire quanto nella sostanza, ma sicuramente nella forma, nell’insistito ricorso proprio alla parola americano (“casomai non fosse chiaro per gli spettatori: mettici uno spiegone, anche uno spieghino va bene”), nei rimandi a moglie e figli, nelle battute perfide che fustigano i “suoi”. Giusto così, non sarà il primo né l’ultimo: l’America, fammi l’amore forte sempre più forte, come fosse l’America. Uno degli spin doctors di Sarkozy ha di recente rivelato che, durante la campagna per le Presidenziali del 2007, tutto lo ‘staff’ si era rivisto daccapo il cofanetto integrale di West Wing, prendendo anche molti appunti, a quanto pare. Non si sa quanto ciò abbia influito nella vittoria contro Royal, o se invece la sconfitta contro Hollande sia dipesa da un eccesso di fiducia nei propri mezzi (“sapevamo le puntate a memoria”), ma comunque. Dicevo la forma e la sostanza. “Americano” anche nel senso di lingua usata nelle canzoni (di un duo svedese, ma vabbé): una lingua un po’ a singhiozzi, un po’ consapevole un po’ fingiamo di no. Da un lato  l’ingresso trionfale sulle note di I Love It delle Icona Pop, proprio nell’inciso I Don’t Care, evidentemente pizzino incrociato mandato a qualcuno che nel frattempo aspettava negli studi del tg3 di Bianca Berlinguer (I Care, ricordi?). Dall’altro, il MegaAutoFail nell’utilizzo di un pezzo il cui vero e unico senso è: You’re from ’70s but I’m ’90s bitch (anche se io l’ho sempre cantata con una virgola dopo ’90s, bitch!) (Renzi è del 1975, questa parentesi è uno spieghino).

 

 

Dirai: stai parlando di forma, di superficie. A parte che ti ringrazio per l’uso della parola superficie, a parte che per tre lustri buoni mi hai atturrato la minchia a torroncino con D’Alema è Odioso, facendone talmente una questione di modo da influenzare mortalmente la vita di tutti noi  (l’Apparato, i nostri sogni, il nostro futuro, prima che lo schiacci lì contro quel muro). A parte tutto questo, c’è anche il cosa, c’est-à-dire Quello Che Renzi Dice. E io l’ho ascoltato bene, Quello Che Renzi Dice. Mi sono chiesto perché molte persone a cui voglio bene sono pazzi per Renzi e, con l’atteggiamento di chi Ehi, ma forse sono io, mi sono messo ad ascoltarlo, senza pensare a nient’altro che a Quello Che Renzi Dice. L’ho ascoltato nelle interviste, nel #confronto, nel discorso della Vittoria. Ho preso anche io appunti (a mano, sul quaderno, quando mi applico faccio sempre così, I’m from ’70s, bitch!) e ho trovato un Renzi conservativo e attendista prima (quando uno è in vantaggio deve fare così, dicono quelli che ne sanno) e gongolante poi. Mi aspettavo, da un Vincitore Plebiscitario, dei discorsi che, proprio grazie alla forza di Sì Tanto Consenso, volassero alto e altrove, magari fino a far Sognare anche me, che stavo lontano, ma non troppo. Ho atteso una visione che uscisse dal suo frusto cavallo di battaglia del ricambio generazionale. Ho atteso uno slancio, una promessa, uno spoiler. Volevo fidarmi, disperatamente fidarmi, perché se vuoi il mio voto mi devi convincere, mi devi illudere, mi devi soprattutto mentire, ma devi saperlo fare bene. Ho atteso, come attendo da anni, senza partito preso. E intanto lui si è preso il partito.

 

 

 

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Ieri pomeriggio, era già buio, sono andato a comprare la baguette al solito panificio. Da qualche settimana hanno assunto una nuova cassiera. Al contrario di quella del turno mattutino, che è una musona e ti fa passare la voglia di prendere persino la torsade al cioccolato che è una delle poche cose veramente buone che si trovano qui, questa è sorridente e ti saluta ogni volta come se fosse la prima (e non l’ultima). Ha un entusiasmo che ti viene quasi voglia di credere ai suoi auguri di buona giornata, e poi è buffa e fa cose buffe. Ieri, per esempio, aveva in testa una corona di finti diamanti, imitazione di quella che indossava Miss France al momento dell’elezione, domenica scorsa. Mi ha sorriso, io le ho sorriso, mi ha chiesto: Desidera? Io le ho detto: Ha visto, Matteo Renzi ha vinto le primarie. Lei ha fatto una piroetta e mi ha dato la baguette tradì: un euro e venti. Io l’ho guardata e ho sospirato: noi che non vinceremo le elezioni neanche quando le vinceremo, vero? Lei è scoppiata a ridere e mi ha salutato: buona serata, arrivederci. Poi sono uscito e mi sono incamminato verso casa, il vento sempre tagliente. 

 

 

 

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Credits: Gregory Crewdson, Miguel Gomes/Tabu, Yann Gonzalez/Les rencontres d’après minuit

 

 

 

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